Cresciuta sul sedile posteriore della volante del padre, Rose Cooper, da grande, non poteva che fare l’agente di polizia. Ligia alle regole, impermeabile (suo malgrado) al fidanzamento, l’agente Cooper è popolare nel suo ambiente solo in virtù di un clamoroso errore ai danni del figlio del sindaco, passato alla storia come un’esilarante “cooperata”. Confinata per anni ad archiviare le prove in un bugigattolo della centrale, ottiene finalmente l’incarico di uscire per scortare a Dallas la moglie di un pentito del clan di Cortèz, boss del narcotraffico. Presto, la piccoletta e rigida Cooper e la slanciata signora Riva, tutta curve e diamanti in valigia, si ritroveranno ad essere le uniche sopravvissute ad un’imboscata: una strana coppia in fuga dai proiettili e in perenne battibecco reciproco.
Quando i ciak sbagliati riproposti sui titoli di coda sono la sequenza più divertente del film, non ci vuole un tesserino da detective per capire che c’è qualcosa che non va. L’idea di mettere nella stessa inquadratura Reese Witherspoon e Sofia Vergara non è affatto male, ma non si può pensare che basti a se stessa. Invece, nel film di Anne Fletcher, molto poco vien loro in soccorso: la trama è del genere scontato che può salvarsi dal vuoto solo facendosi esplicitamente cliché e riempiendosi di un dialogo irresistibile e di qualche gag ben assestata, ma sfortunatamente ciò non accade e il massimo a cui ci si può aggrappare per sorridere sono i nomignoli con i quali il personaggio della Vergara apostrofa quello della Witherspoon, anch’essi però ridimensionati dal doppiaggio, che fa quel che può per mantenere la temperatura dell’idioma ispanico ma non fa miracoli.
Siamo dalle parti di Corpi da reato, con Sandra Bullock nei panni della stangona di turno e Melissa McCarthy in quelli del corpo fuori formato (all’estremo opposto rispetto alla minutissima Witherspoon), nel senso che il film della Fletcher ripropone allegramente molte situazioni narrative del film del 2013 nonché l’idea di fondo di un buddy-movie al femminile. Più pulito nel tono e romatico nell’ideale, Fuga in tacchi a spillo lascia pensare che nelle intenzioni della regista e della produzione ci fosse una commedia sofisticata travestita da poliziesco burlesque, anche se poi nei risultati c’è una commedia piuttosto stentata, una “cooperata” buona per un dopo pranzo estivo davanti al televisore, dove l’unica emozione viene dalla sottotraccia omoerotica: il solo aspetto del film che superi le intenzioni.
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