La guerra è finita e Sebastien, Belle e César aspettano impazienti il ritorno di Angelina. L’aereo militare che la sta riportando a casa, però, si abbatte al confine tra Francia e Italia, bruciando la foresta e la speranza di ritrovare dei superstiti. Ma non è così per tutti. Sebastien è convinto che Angelina sia ancora viva e non esita a mettersi alla sua ricerca, insieme all’inseparabile amica a quattro zampe. È disposto a tutto per raggiungere il relitto dell’aereo, persino a salire sul monomotore di un tale Pierre Marceau, una nuova conoscenza, in realtà una vecchia storia e soprattutto una grande sorpresa.
Un’ellisse di un paio d’anni o poco più separa questo secondo episodio dal primo, dentro e fuori la finzione: un tempo sufficientemente breve per ritrovare, se non la neve ancora fresca, di certo attori e personaggi ancora vicini a dove li avevamo lasciati. Chi ha avuto voglia di allargare la distanza sono stati invece gli sceneggiatori, che hanno spinto senza freni sul pedale dell’avventura e dell’azione ma anche del racconto di formazione, declinato, da un lato, nei toni della fiaba (di cui la sequenza notturna sull’acqua è diventata una sorta di tassello emblematico e imprescindibile), e, dall’altro lato, nella transizione dall’infanzia all’adolescenza, di cui si fa Virgilio la bella Gabriella (poco credibile come italiana ma molto convincente come oggetto di fascinazione). In cabina di pilotaggio, Nicolas Vanier lascia il posto al canadese Christian Duguay, specializzato in scene d’azione e racconti di paternità più o meno dissimulata.
Tanti e tali (e forse troppi) sono gli argomenti sentimentali e avventurosi sul piatto che non si ha il tempo di fermarsi a rimirare il panorama: si resta aggrappati alla corsa del film come ad una corda, calati ogni volta nel contrattempo e ogni volta salvati al limitare estremo del conto alla rovescia. Accade così che, pur ammirando la capacità della scrittura di reinventarsi da capo senza tradire le premesse, e pur restando ancora una volta conquistati dal piccolo prodigio che risponde al nome di Félix Bossuet, ci manchino un poco i silenzi della natura senza comparse disseminate in ogni dove, e anche la stessa Belle, finita a sua volta un po’ a margine del quadro per far posto a un altro genere di spettacolo, meno naturalistico ma non meno coinvolgente.