Il passato, soprattutto se irrisolto, prima o poi bussa alla porta. Non fa eccezione per Mike Lane, ex spogliarellista convertito a falegname nel suo laboratorio di Tampa. Raggiunto da un eco remoto e dalla nostalgia dei suoi vecchi compagni di ‘corpo’, Mike decide di prendersi una pausa e di imbarcarsi per un’ultima spettacolare avventura: un convegno di strip-tease a Myrtle Beach, nella Carolina del Sud. Decisi a restare nella memoria collettiva femminile col loro ultimo show, Mike e soci si spogliano dei costumi istituzionali (poliziotto, cowboy, indiano, marine) alla ricerca di un abito che li rappresenti meglio nella vita e sul palcoscenico.
Road-movie con berretto e muscoli, Magic Mike XXL sale in carrozza e parte per un one last tour. Condotta da Gregory Jacobs, la versione extra large di Magic Mike perde il contributo eccitante di Matthew McConaughey ma riconferma la struttura robusta di Channing Tatum e l’istinto insaziabile di Steven Soderbergh, questa volta alla produzione, alla fotografia e al montaggio.
Diretto tre anni prima dal celebre autore, Magic Mike nascondeva sotto l’edonismo tropicale la storia di ascesa e fallimento del Sogno Americano. Cool ed euforizzante, era una festa ininterrotta, una successione di orge conviviali, di sbronze, di trip che passavano sul corpo rimarcabile del suo eroe, coccolato dai dollari e da spettatrici isteriche di piacere e frustrazione. A suscitare la curiosità di Soderbergh erano gli uomini che si spogliavano e le donne che reagivano eccitate in un ribaltamento delle leggi del desiderio hollywoodiano e dentro un film lucido e ludico, un ritratto dell’America in piena crisi morale.
L’oggetto scopico di Magic Mike XXL resta evidentemente l’uomo che arranca nel venire riconosciuto come soggetto ma il film è più classico e s’inscrive nelle fila del buddy movie, spostando il potere erotico dei suoi go-go dancers di provincia da Tampa a Myrtle Beach. Più conformista e ‘gentile’ del suo antesignano, il film è privo dei passaggi bruschi, dei corpi opachi, della scena e del retroscena che facevano la melanconia effervescente di Magic Mike. Nondimeno ‘la taglia larga’ di Gregory Jacobs, uno dei prossimi di Soderbergh, ha qualcosa di sintomatico. Marcato (anche in sala) da un pubblico femminile, Magic Mike XXL è rivelatore di un’oscillazione del desiderio, la dimostrazione che nell’era dell’acquisto compulsivo dei corpi, le donne, giovani e ubriache di sabato sera dentro un locale o casalinghe disperate e tirate dietro il loro accento sudista, ‘partecipano’ con voracità e buona pace delle neo-moraliste e delle femministe di ritorno. Regine, come le qualifica uno dei personaggi, o schiave, come le sogna (e le frusta) Christian Grey (Cinquanta sfumature di grigio), le signore coprono di dollari i corpi degli strippers e ridono grasso davanti alle loro coreografie grottesche.
Sul palcoscenico o nei salotti, rivelatore quello della cougar Andie MacDowell, apparizione radiosa che segna il ritorno dell’attrice nell’ecosistema Soderbergh, i personaggi sfilano mettendo in piazza e in show le loro vite, offrendo al loro pubblico un piacere pre-masticato, un godimento programmato. A questo titolo, Magic Mike XXL ha qualcosa di documentaristico, qualcosa che serve a documentare quello che dell’America ignoriamo, qualcosa che sembra una caricatura ma che diversamente è reale. Quello che affascina in Magic Mike XXL è l’ossessione tutta americana per il divertimento, per la smania di far ridere, piangere, emozionare. Per provocare quel piacere fugace, per titillarlo, bisogna conoscere bene il menù perché alla fine è tutta una questione di artifici e di (im)posture.
Privati della modernità di Armani, che abbigliava l’american gigolo di Richard Gere, o dell’essenzialità di Versace, che domava la showgirls di Elizabeth Berkley, Mike e compagni indossano jeans cascanti a scoprire lo stile (e lo spirito) neoliberale e orgasmico di Abercrombie & Fitch. Sebbene siano i primi poi a calcare il palcoscenico ‘travestiti’ in un club di drag-queen e a vincere il premio più ambito, Mike e compagni non sono mai ambigui, dentro il camper e fuori dal camper nessun desiderio omosessuale soggiacente, nessun prurito da soddisfare. Perché Magic Mike XXL abbraccia l’analisi che la cultura gay fa delmainstream, invertendo gli stereotipi di genere e facendone, tra esibizioni toniche e ancheggiamenti, un motore per eccitare il suo pubblico. E questo fa probabilmente di Magic Mike XXL il primo film camp destinato agli etero.
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